Amaroni

Scopri insieme a noi il borgo di Amaroni, dove le condizioni naturalistiche in cui è immerso favoriscono la produzione di un miele particolarmente delizioso, il cui gusto è noto anche fuori regione, tanto da fregiarsi del titolo di Città del Miele.

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Ancora un altro viaggio alla scoperta dell’inesplorata costa ionica calabrese. Questa volta è il borgo di Amaroni a rappresentare la meta ideale di un viaggio che ancora una volta ci riporta ai tempi della Magna Grecia, quando l’antica città di Karkinos occupava le sponde del fiume Alessi.

Questa cittadina, la cui esistenza è testimoniata da numerosi ritrovamenti, corrisponderebbe al borgo di Majurizzoni, edificato a circa un chilometro fuori dall’attuale abitato. Il borgo, che sorgeva in una zona paludosa e soggetta ad inondazioni, fu spazzato via da un alluvione e i superstiti si stabilirono sulle vicine colline, dando origine all’attuale centro di Amaroni. Esso sorge su un colle ai piedi del monte Carbonaro, nella valle del fiume Ghetterello, a 378 metri sul livello del mare ed è in provincia di Catanzaro.

La storia di Amaroni è quella di un borgo che, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel 476, fu conquistato dai Goti e poi annesso all’Impero Romano d’Oriente. In quell’epoca, quando i saraceni compievano continue scorrerie minacciando le coste di tutto il Meridione, si tramanda che il principe di Amaroni avesse accolto nel suo regno una colonia di mercenari mori che lavoravano come sue guardie personali. Intono all’anno mille, anche ad Amaroni, giunsero i Normanni e con essi la graduale latinizzazione della lingua e della cultura, con la conseguente edificazione di numerosi luoghi di culto.

Da quel momento in poi, la vita del borgo fu soggetta alle dominazioni di varie casate: gli Svevi, gli Angioini e gli Aragonesi, per poi passare sotto il dominio della Corona di Spagna, divenendo parte del Regno delle due Sicilie. Il 1783, anno nefasto per tutta la Calabria a causa del violento sisma che colpì l’intera regione, fu tale anche per Amaroni, che subì ingenti danni e contò numerose vittime. Nel 1806 Amaroni fu soggetta al dominio di Squillace, per poi riacquistare definitivamente la propria autonomia del 1850.

Nel borgo di Amaroni citiamo qualche palazzo nobiliare e la sua chiesa, suggestivi testimoni del suo lungo passato, insieme ai resti dell’antica Majurizzoni che si trovano appena fuori dall’abitato, in località San Luca.

La chiesa è dedicata a Santa Barbara, patrona della cittadina. Il santuario fu edificato nel 1793, è a croce latina ed è diviso in tre navate. Tra le sue caratteristiche principali segnaliamo la presenza di un orologio posto alla base della cuspide del campanile, i cui rintocchi sono scanditi da campane poste nella parte superiore, sulle quali battono due martelli dorati, azionati da dispositivi elettronici. Meccanismo che porta la firma di Giuseppe Muzzì.

Anche Amaroni, tra il V e il VI secolo, fu meta dei monaci basiliani in fuga dall’oriente per le persecuzioni iconoclaste. Nelle aree intorno all’abitato esistevano diverse abbazie dove i Basiliani vivevano in armonia e lavoravano applicando le regole della filosofia benedettina, riconducibili all’espressione “Ora et labora” (prega e lavora). Purtroppo le tracce di questi monasteri sono esigue o assenti. Tra le testimonianze dell’architettura civile, spicca il seicentesco Palazzo Canale, oggi sede del Municipio.

Tra le usanze più caratteristiche di Amaroni ci sono quelle legate ai festeggiamenti in onore dei Santi verso i quali il borgo ha sempre avuto una particolare devozione. In primo luogo dunque la figura di Santa Barbara, che oggi viene celebrata con dei festeggiamenti che si svolgono tra il 31 luglio e il primo di agosto e il cui svolgimento non è molto diverso da quello di tante altre celebrazioni di questo tipo in Calabria, con la consueta processione della Santa per le vie del borgo e i festeggiamenti in piazza alla sera.

Mentre la festa in onore di Santa Lucia, il 13 dicembre di ogni anno, assume connotati caratteristi grazie a due balli folkloristici molto particolari denominati “U Bagagghieddhu” e “A zzia Rachela”. Così vengono definiti non solo i balli, ma anche i curiosi personaggi costruiti con perizia, in prevalenza con legno e cartapesta, che vengono conferiti a due dei numerosi ballerini che se li contendono, nell’ambito di una sorta di asta, offrendo la somma di denaro più alta. Una volta aggiudicatisi le due sculture in cartapesta, i ballerini danno vita ad una danza sfrenata, che culmina con lo scoppio di ognuna di esse per effetto di un petardo nascosto nella loro bocca. Non è chiaro quale sia il significato allegorico di questi balli, ma è innegabile la suggestione che essi possono trasmettere, anche perché sono parte del patrimonio storico, artistico ed antropologico di un’antica comunità.

La tradizione enogastronomica calabrese, il cui valore è riconosciuto oggi a livello mondiale, ad Amaroni si identifica soprattutto con la produzione del miele, un alimento che probabilmente affonda le sue radici nella Magna Grecia, quando Pitagora ne raccomandava la consumazione e veniva indicato come il “cibo degli dei”. Forse sono soprattutto le condizioni naturalistiche in cui è immerso a favorire, ad Amaroni, la produzione di un miele particolarmente delizioso, il cui gusto è noto anche fuori regione. Numerose sono le aziende a conduzione familiare che si dedicano all’apicoltura e alla produzione di questo alimento e dal 2005 la cittadina di Amaroni fa anche parte dell’ Associazione Nazionale “Le Città del Miele”, nata per “sostenere e promuovere il riconoscimento delle tipicità dei mieli italiani”.

di Angela Rubino | 21 agosto 2018

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