Tiriolo

Scopri insieme a noi Tiriolo, laddove il mito s’intreccia alla storia e rivive nella vivacità del suo popolo, il punto più stretto d’Italia dal quale è possibile ammirare contemporaneamente i due mari: il Tirreno e lo Ionio.

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Suggestione e magia di Calabria, tra storia e leggenda, che si respirano ancora oggi visitando questi luoghi e immergendosi nella cultura e nei costumi della gente del luogo, ancorati a pratiche millenarie. Tutto questo è Tiriolo, un Comune della Sila Piccola catanzarese dalle caratteristiche morfologiche molto particolari. Con i suoi 3.882 abitanti, questo antico centro agricolo, teatro di ritrovamenti risalenti all’età neolitica, a quella del ferro e ad epoche successive, sorge su una collina nei pressi dell’istmo di Catanzaro, ovvero il punto più stretto d’Italia dal quale è possibile ammirare contemporaneamente i due mari: il Tirreno e lo Ionio. Una posizione affascinante e al tempo stesso strategica.

Si tramanda che questa cittadina fu fondata dai greci, da qui il toponimo Tryoros che farebbe riferimento ai tre monti che la circondano. La leggenda narra inoltre che qui sarebbe approdato Ulisse nel suo peregrinare alla ricerca della sua Itaca. Alcuni studiosi ritengono infatti che il popolo dei Feaci, che aiutò l’eroe omerico a riprendere il suo viaggio, fornendogli una nuova imbarcazione, si identifica con le genti che abitavano la zona dell’istmo di Sant’Eufemia, dove sorge anche Tiriolo.

Intorno al 500 a.C. queste terre vennero conquistate dai Brettii o Bruzi, una popolazione di origine indoeuropea, animata da un forte anelito di ribellione e disposti a fare guerra ai Lucani e ai Greci prima e poi a Roma per ottenere la propria indipendenza.

Durante la rivolta di Spartaco, il gladiatore che guidò una delle più grandi sommosse di schiavi con cui Roma ebbe a che fare, il territorio di Tiriolo fu teatro della battaglia tra le legioni del proconsole romano Crasso e i ribelli di Spartaco, che per rallentarne l’avanzata, scavarono nell'attuale stretto di Marcellinara, una trincea allagata che metteva in comunicazione i due mari.

In epoca moderna, diverse casate ottennero il dominio del borgo, che passò da quello dei De Reggio a quello dei Ruffo, fino al 1464. Ad essi seguì il periodo di controllo da parte dei principi Carafa, che durò fino al 1496, per lasciare il posto alla casata dei Cigala, che ebbe il dominio di Tiriolo fino al 1610.

Nel piccolo centro silano, i segni del passato sono tangibili e abbracciano varie epoche. Dai sontuosi palazzi nobiliari, che con i loro affreschi e i loro portali in pietra, raccontano le vicissitudini dell’epoca moderna; ai ruderi di Rocca Falluca, il piccolo borgo dell’XI secolo situato ai confini con il comune di Settingiano. Al XII secolo dovrebbe risalire anche il castello, che sorgeva in cima all’abitato e di cui oggi rimangono solo i ruderi, i quali però ci permettono di risalire alle sue caratteristiche. Il maniero doveva avere una pianta trapezoidale con quattro torri agli angoli (tre circolari e una quadrata). Ancora leggibili sono i resti delle mura di cinta, di quelle di una stanza nobiliare e anche le tracce di una cisterna per l’approvvigionamento di acqua.

Tra i siti archeologici di particolare interesse segnaliamo la recente scoperta dei resti di un palazzo nobiliare del III secolo a.C., detto “Palazzo dei delfini”, portato alla luce dall’archeologo veneto Ricardo Stocco. La struttura si estende su 120 metri quadrati ed è stata rinvenuta in località Gianmartino, a poche centinaia di metri dal centro di Tiriolo.

Ma la storia, nel piccolo borgo silano rivive anche grazie alle attività che si svolgono ancora oggi e che sono il retaggio di una cultura antichissima. Molto diffusa è la tessitura, un’arte appresa dai greci, come dimostra il ritrovamento, durante alcuni scavi archeologici, di alcuni contrappesi in terracotta piramidale risalenti probabilmente al settimo/sesto secolo a.C.. Tiriolo è noto soprattutto per la creazione di scialli tipici detti “vancali”, delle “pezzarre”, dei tessuti a strisce utilizzati per decorare le pareti o come tappeti e per la lavorazione della lana e della seta con l’uso di telai a mano di tipo quattrocentesco. Tipiche del luogo sono anche la lavorazione della pietra e quella del legno, col quale in passato si realizzavano anche degli strumenti musicali come chitarre battenti, flauti, zampogne oppure oggetti tipici come le maschere apotropaiche o oggetti di uso comune come mobili o utensili.

Legato all’antica storia del territorio è anche il suggestivo evento dal titolo “Baccanalia 2200 anni dopo”, che si svolge ogni anno in estate ed è ispirato al ritrovamento di una tavoletta in bronzo, il “Consultum de Bacchanalibus”, risalente al 186 a.C., con la quale il Senato Romano bandiva la celebrazione dei culti di Bacco, prevedendo pene severe per i trasgressori dell’editto. L’evento vuole commemorare questo antichissimo provvedimento decretandone l’assoluta trasgressione con la promozione di concerti, degustazioni di vini e piatti tipici locali, laboratori di artigianato, arte e creatività, performance teatrali e molto altro che si svolgono dall’alba alla notte.

di Angela Rubino | 10 agosto 2016

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